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Traccia Marzo 2014

Traccia di Marzo 2014

“La partecipazione della famiglia allo sviluppo della società”.

DPF 165-172

L'AMORE

165. I contenuti specifici e le modalità fondamentali dell'azione sociale della famiglia sono connessi con l'amore, la procreazione e l'educazione, quali realtà proprie originarie e in qualche modo esclusive della famiglia e ad essa connaturali. L'amore, essenziale per la definizione del matrimonio e della famiglia, è la prima realtà attraverso la quale la famiglia offre il suo contributo alla società e al suo sviluppo. Proprio l'amore, infatti, permette il pieno riconoscimento e rispetto di ogni uomo e di ogni donna e della loro dignità; esso, quindi, rende possibile e suscita una reale comunione di persone, fondamento e verità ultima dell'intera società, germe e garanzia di una convivenza pacifica.

166. Perché fondati sull'amore e guidati dall'amore, i rapporti familiari sono vissuti all'insegna della gratuità, la quale «rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda». La famiglia diventa così «prima e insostituibile scuola di socialità, esempio e stimolo per i più ampi rapporti comunitari all'insegna del rispetto, della giustizia, del dialogo, dell'amore».

167. Le famiglie, perciò, affinché possano vivere la loro soggettività sociale:
- Energie native rinnovino, anzitutto, la coscienza delle energie native che possiedono e che ancora oggi sono in grado di sprigionare per l'edificazione di una convivenza sociale dove l'uomo, strappato dall'anonimato e riconosciuto nella sua irripetibilità personale, possa offrire il suo contributo per un mondo fondato sulla verità, sulla giustizia, sulla libertà e sulla solidarietà;
- Amore gratuito si impegnino a realizzare al loro interno «un'esperienza quotidiana di autentico amore, come richiamo e stimolo ai valori dell'incontro interpersonale e del dono gratuito di se stesso offerti ad una società, prigioniera del mito del benessere e dell'efficienza».

168. La testimonianza dell’amore
Oggi soprattutto, in una società nella quale vanno diffondendosi sempre più modelli familiari diversificati, talvolta contraddittori e spesso inaccettabili e riduttivi, le famiglie assumano senza reticenze la responsabilità di testimoniare la verità dell'amore coniugale e familiare secondo tutte le sue dimensioni, certe che questo è di indubbio giovamento per tutta la vita sociale. Propongano e vivano, quindi, una concezione e una forma di famiglia il cui fondamento sta nel matrimonio, quale unione stabile e fedele di un uomo e di una donna, radicata nell'amore coniugale con tutte le sue peculiari note ed esigenze, pubblicamente manifestata e riconosciuta.

169. La procreazione
Frutto e segno dell'amore coniugale, primo e specifico modo di servizio alla vita, la procreazione è condizione irrinunciabile e fattore primario di sussistenza e di sviluppo della società. Già da un punto di vista quantitativo, con la nascita di nuovi figli si accresce la famiglia umana e viene garantito il futuro della società. Ma ancora più profondamente, in quanto donazione di vita, la procreazione esprime e alimenta le dimensioni propriamente umane e umanizzanti della società, che è tale perché basata sul riconoscimento e sul rispetto di ogni uomo e del suo valore e perché animata dal criterio del dono di sé e dalla solidarietà. Non è, quindi, una generica “trasmissione della vita”, ma è la generazione vissuta in modo autenticamente umano a far crescere la società. Quale unico luogo nel quale la generazione di un figlio può essere vissuta come dono di amore - frutto sì della reciproca donazione degli sposi, ma anche dono gratuitamente offerto a loro stessi e all'intera comunità -, la famiglia offre il suo indispensabile contributo alla vita della società.

170. Il dono di un figlio
Ogni famiglia, perciò, ritorni ad essere «il santuario della vita,... il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un'autentica crescita umana». A questo scopo, pur tra le diverse difficoltà che possono incontrare, gli sposi e i genitori invochino il figlio come un dono, lo accolgano come colui che interpella la loro libertà, lo riconoscano e lo servano con amore e dedizione quotidiani; così il gesto della generazione diventerà anche realtà emblematica di tutto un modo di concepire la vita, la libertà, i rapporti interpersonali.

171. Il valore sociale
Nel vivere la paternità e la maternità responsabile, gli sposi siano attenti anche alla sua intrinseca valenza sociale. A tale proposito, diffondano una corretta interpretazione della procreazione responsabile, rifiutandosi di intenderla solo come “controllo” o addirittura “limitazione” o “esclusione” delle nascite; ricordino e testimonino concretamente che «in rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente o anche a tempo indeterminato una nuova nascita». Con le convinzioni della ragione e della fede, senza iattanza ma anche senza pavidità, gli sposi si oppongano ad una cultura diffusa e potentemente organizzata che - inducendo l'uomo a ritenersi e a comportarsi come arbitro insindacabile di se stesso e degli altri, e propugnando un falso concetto di libertà e di autodeterminazione - giustifica anche l'aborto e lo presenta come un diritto, mentre, in verità, oltre ad essere un abominevole delitto, è principio dissolutore della libertà e di una giusta, democratica e pacifica convivenza sociale. Lo stesso rifiuto della contraccezione e il ricorso ai metodi naturali di regolazione della fertilità costituiscano un'occasione e una modalità per impostare i rapporti sul rispetto e sulla totale accoglienza reciproci, quali premesse indispensabili per una vera umanizzazione della società. Attraverso tutte le vie democratiche, gli sposi chiedano e propongano alla società e alle istituzioni di creare e curare le condizioni sociali, economiche e politiche perché sia favorita la procreazione e i diversi interventi della scienza e della bioingegneria siano sempre rispettosi della dignità della persona. Di fronte ad ogni interferenza di pubbliche autorità o di organizzazioni private, come pure di fronte alle pressioni della cultura dominante e di diversi mass media, difendano gelosamente «il loro inalienabile diritto di decidersi circa l'intervallo tra le nascite e il numero dei figli da procreare, tenendo pienamente in considerazione i loro doveri verso se stessi, verso i figli già nati, la famiglia e la società, in una giusta gerarchia di valori e in conformità all'ordine morale oggettivo».

172. La trasmissione della vita umana
Pur consapevoli, infine, di alcune possibilità aperte dalle nuove tecnologie riproduttive, nell'atto e nel momento stesso in cui trasmettono la vita ad una persona umana, evitando il ricorso ad ogni forma di fecondazione artificiale, i genitori rispettino in loro stessi e nel figlio che intendono generare l'integrale dignità della persona umana. Così facendo, potranno salvaguardare le dimensioni più propriamente “umane” della società e offriranno il loro contributo per premunirla dal rischio di indebite tecnologizzazioni, spesso succubi di discutibili interessi economici e politici.

  RIFERIMENTO BIBLICO  
Lc 2, 41-52.
41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". 49Ed egli rispose loro: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?". 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

  IL PENSIERO DEL PADRE  
Si comprende come i linguaggi della moderna pastorale e quelli della dinamiche sociologiche e tecnologie cliniche, erano sconosciute al tempo di P. Annibale per cui in lui cogliamo le idee-madri come la paternità morale e spirituale e l’attenzione per i figli sia viventi che nel desiderarli. La sua attenzione per una “sana umanità” debba aversi anche nell’attendere correttamente all’arrivo di un figlio. Il testo fa parte delle “40 Dichiarazioni” del 1010.
         In 5° luogo come esercizio della vita interiore attenderò all’amore del prossimo, procurando di formarmi un cuore tenero, compassionevole ed affettuoso in prima verso i miei compagni.
         Siccome questa Pia Opera si è dedicata alla salvezza dei fanciulli, procurerò, per quanto la santa Obbedienza me lo permette, di applicarmi al bene dei fanciulli o interni o esterni, e nel cuore custodirò l’ardente desiderio della salvezza di tutti i fanciulli del mondo, e la domanderò con calde preghiere al Cuore SS. di Gesù e di Maria. Amerò e rispetterò i poveri di Gesù Cristo con spirito di fede e di Carità, considerandoli come membri sofferenti del Corpo mistico di Gesù Cristo Signor Nostro e tenendo sempre presente quanto Gesù Cristo Signor Nostro esaltò i poveri, dichiarando come fatto a se stesso quello che si farà a loro. Deplorerò che il mondo ignorante e perduto li rigetta e disprezza. Il che fanno spesso anche molti e molti cristiani. Ed io, finché camminano nel retto sentiero della salute eterna, li terrò come grandi, nobili e principi presso Dio, ricordandomi di quella divina Parola: “E’ onorabile il loro nome presso Dio”.
         Farà consistere quest’amore nel compatirli quand’anche siano molesti, nel soccorrerli e farli soccorrere, nel servirli occorrendo, nell’aiutarli dove posso, e ancor più nell’evangelizzarli e nell’avvicinarli a Dio.
         Parimenti sarà attivo e compassionevole verso gl’infermi e verso i moribondi, ritenendo che in queste Opere di Carità vi è il massimo gradimento di N. S. G. C. La più perfetta osservanza del precetto di amare il prossimo come noi stessi è il mezzo più efficace di mia santificazione.

(Scritti vol. 44,05845)

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